Le strategie adottate dalle aziende vinicole in questi mesi sono state dettate dall’emergenza, e la crescita del mercato digitale del vino ne è la riprova. Sia le piattaforme specializzate che i singoli e-commerce hanno visto crescite impensabili fino allo scorso anno.
Ma queste sono, appunto, strategie dettate dal momento. Sono state prese decisioni coraggiose che ora è il momento di far diventare definitive, o almeno inserite nel modello di business aziendale.
I consumatori si sono abituati a comprare da casa, qualunque cosa, dal cibo alle tute da ginnastica, dai pannolini alle piante d’appartamento, dal cibo al vino. Il mercato digitale ha visto un aumento di oltre il 27%, oltre la metà degli acquirenti online non aveva mai fatto un acquisto in rete, prima. Molti continueranno a farli anche quando tutta questa emergenza sarà finita, e serviranno ancora parecchi mesi.
Quindi, iniziare a pensare a queste strategie non come un piano B ma come un vero e proprio piano A deve essere al centro dell’attenzione anche per le cantine vinicole, e soprattutto per quelle più piccole. Il report di Wine Intelligence, pur se per il mercato USA, lo racconta bene.
Se infatti una grande azienda ha le spalle grosse per fare dei cambiamenti (ne parlo anche nell’ultimo numero della mia newsletter per gli abbonati), le più piccole no. Budget ridotti e scarso know-how non consentono di fare scelte azzardate. Però ci sono alcune possibilità per iniziare, anche se lentamente, un vero e proprio cambiamento per accedere al mercato digitale del vino.
1 – Pensare localmente
Il vino è per sua natura un prodotto locale, cambiando fronte della collina si ottengono già due vini differenti. Pensare localmente significa soprattutto valorizzare e spingere i propri vini nei punti vendita vicino alla cantina, ristoranti, alberghi, wine bar. Questo è un lavoro che non deve essere lasciato ai distributori, che hanno altri canali, ma girando per i locali, proponendo serate di abbinamenti e degustazioni, collegandosi a realtà che parlano al turismo più ricercato come librerie e musei.
2 – Pensare laterale
Questo si collega con l’ultima frase del punto precedente: fare in modo che il vino non sia un punto di arrivo ma un punto di partenza, spostando poi l’attenzione su altre necessità come la lettura, il cinema, l’istruzione, ma mantenendo sempre la bottiglia in secondo piano. Questo consentirebbe di svecchiare un linguaggio che per il vino è uguale a se stesso da decenni. O avete un’agenzia di media marketing che fra i soci annoveri Mario Soldati o Luigi Veronelli o dovete trovare un modo diverso.
3 – Pensare differente
Detto in inglese è il motto della Apple, ovviamente. Ma uscire dai canoni della comunicazione può far ricordare il proprio vino meglio che dieci riconoscimenti olfattivi esoterici. La massa dei consumatori non sa assolutamente riconoscere una pera da una nocciola, all’olfatto. E forse non hanno mai nemmeno sentito il profumo dell’erba tagliata o della polvere da sparo, per non parlare della pipì di gatto. Molti di questi consumatori sono persone tra i 25 e i 35 anni che non sono mai usciti dalle città. Quindi usare un linguaggio divertente e mezzi di comunicazione che per loro sono familiari, dovrebbe essere il primo pensiero di una corretta strategia di comunicazione.
Prima di continuare, ti ricordo che puoi finanziare The Digital Wine abbonandoti alla newsletter o diventando patron. In tutti e due i modi avrai la possibilità non solo di far crescere questo progetto, ma anche di avere a disposizione report, schede tecniche delle start-up della wine tech, approfondimenti e news dal mondo del vino. Un aggregatore di notizie costruito a tua misura.
Grazie
Mercato digitale del vino e linguaggio di comunicazione
Il vino digitale non passa solo dagli e-shop, ma anche dai canali social, da YouTube, da Instagram.
Dai podcast.
E non si può usare, per questi canali, lo stesso linguaggio, lo stesso modo di parlare che si ha quando si scrivono i volantini. Ne ho parlato anche in questo post. Le guide ormai non credo le legga più nessuno, tranne i sommelier che prestano servizio dietro ai banchi d’assaggio di qualche evento degustativo.
Ma soprattutto è importante trovare i canali giusti per invitare le persone in cantina, per farla trovare comodamente, per poter acquistare il vino in tutta sicurezza. Dare al visitatore la possibilità di prenotare la visita in cantina, magari abbinando un biglietto per il museo o un coupon per l’acquisto di un libro nella libreria del paese. Il vino digitale non può vivere da solo, deve essere circondato da situazioni, da cose e persone che, tutti insieme, spingono verso il click sul carrello dell’e-commerce.
Tenere sotto controllo quel che accade al proprio sito web è fondamentale, chi viene a visitarlo, quando, cosa guarda. Ma questo è già un secondo passo. Innanzitutto sono importanti le idee, gli obbiettivi, quelle tre regole che avete letto prima.
Il coraggio parte quindi da qui, e non sono scelte che comportano grandi spese. Naturalmente bisogna chiedere consiglio ad un professionista del settore, magari anche tre; a quel punto si valuta l’impegno e si decide. Le fiere ancora per molti mesi non avranno più la partecipazione di pubblico che avevano prima. E così, invece di rincorrere tutti gli eventi possibili, in Italia e fuori, le aziende vinicole dovranno scegliere quelle migliori per loro. Il budget risparmiato dovrebbe andare nella progettazione di un percorso strategico di comunicazione e di marketing. E questo richiede scelte coraggiose, perché il mercato del vino digitale non si costruisce da solo, non si costruisce dall’oggi al domani. Occorre costanza, budget e soprattutto fantasia.
Photo by Nikita Kachanovsky on Unsplash