Le abitudini di consumo del vino sono state modificate da questi mesi di pandemia, ed il dato è importante soprattutto per il Direct To Consumer, ossia la vendita diretta del vino. È indubbio che questo sarà il prossimo trend, in crescita già da tempo grazie soprattutto ai Wine Club. Sto parlando del mercato USA, ma anche nel vecchio continente è una abitudine che sta accelerando.
Report delle vendite: broadcast
Per scoprire le abitudini di acquisto, occorre avere degli acquirenti, studiarne le abitudini ed offrire il prodotto migliore per loro. E più i clienti fanno le loro scelte, più le abitudini di consumo diventano chiare, e i Wine Club fanno le loro offerte proprio in base a questi criteri.
Naturalmente esistono report come quello del Wine Market Council (WMC) e riportato da Wine Business. Secondo questo sondaggio sui consumatori di vino, il 41% non è molto interessato alla lista degli ingredienti del vino; anche un 44% di wine lovers ha un livello altrettanto basso di interesse sul metodo di coltivazione della vite. Il modo in cui viene prodotto un vino è un po’ più interessante con solo il 33% degli intervistati che afferma di avere un interesse basso sull’argomento.
Più di un terzo ha acquistato un vino per poi scoprire che aveva un sapore diverso da quel che immaginavano. La maggior parte delle volte il consumatore ricerca il vino direttamente su Google mentre è davanti allo scaffale. Spesso questo li porta al gruppo Facebook o l’account Instagram di una cantina vinicola.
Un altro report interessante sulle abitudini di consumo del vino è quello dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor; durante il lockdown il consumo di vino è aumentato per il 14% degli intervistati, quasi tutti Millennials in smart working.
Dati dei clienti del vino: streaming
Tutti questi dati sono interessanti, ma sono generici e poco utili per la vendita diretta del vino. Sarebbe come se Netflix facesse le sue proposte in base al comportamento degli spettatori al cinema. Sono entrambi prodotti cinematografici, ma uno è streaming, l’altro è broadcast. Lo stesso vale per il vino.
L’acquisto al supermercato o in enoteca è diverso da quello online su piattaforme dedicate. I Wine Club e le piattaforme verticali di vendita ragionano come Netflix, non come il cinema. Verificano quali vini sono più apprezzati dai loro clienti, e costruiscono offerte mirate.
A volte sono una serie di vini rosé, altre volte bollicine, spesso un mix di vini per migliorare i dati raccolti. I feedback degli acquirenti sono importanti, per capire se stanno vendendo il prodotto giusto.
Alcuni vini sono assemblati appositamente per il Wine Club, altri vengono acquistati da piccole aziende vinicole. Il consumatore non deve far altro che pagare l’abbonamento ed aspettare che arrivi la prossima cassa con i vini. Anche il produttore può fare la stessa cosa, ad esempio iniziando a migliorare la propria home page usando i consigli di questo mio post.
I dati del vino: da quelli di vendita a quelli di acquisto
La raccolta dei dati quindi si sposta dal punto di vista dell’azienda a quella del consumatore; non più cosa acquista un cliente generico, ma cosa acquista un cliente specifico. Ed il cliente, con la vendita diretta, è il consumatore finale, non il ristorante o l’enoteca o il supermercato. I dati di chi apre una certa bottiglia restano in mano a chi quella bottiglia l’ha prodotta.
In realtà a mio avviso ci potrebbe essere una scelta più varia se fosse la stessa Denominazione a vendere i vini. Ma questa so che è una idea impossibile da realizzare, vista l’arretratezza digitale dei Consorzi. Quindi tutto è nelle mani delle cantine e dei produttori, che dovrebbero iniziare a riprendere il controllo dei propri dati e dei propri clienti.