Il canale DTC del vino in Italia

Il canale DTC del vino in Italia

Una delle cose che mi chiedo sempre più spesso è perché in Italia non esistano report sul DTC, come in USA o Australia ad esempio. Poi naturalmente mi dò anche la risposta, ed è che l’industria del vino semplicemente non raccoglie i dati che ha.

Esistono decine di report e analisi, tutti rivolti a produttori e distributori dimenticando completamente il comportamento e le abitudini dei consumatori.

Pochi report sul DTC del vino

Naturalmente alcune aziende che si occupano di e-commerce del vino e digitalizzazione della wine industry si sono accorte del problema; in questo post riporterò una sintesi del rapporto 2022 su Enoturismo e DTC in Italia edito da Divinea, azienda specializzata nei servizi digitali per il settore del vino. Hanno sviluppato una piattaforma CRM e marketing denominata Wine Suite, i cui dati sono stati utilizzati per produrre il report in oggetto. Come descrivono all’inizio del documento, la dimensione del campione non è certo enorme, ma ovviamente possono basarsi solamente sui dati in loro possesso. Parte del report è stata realizzata con interviste a 129 aziende vinicole, non necessariamente e non solo loro clienti. Naturalmente i dati si riferiscono al 2021.

Può essere un buon inizio per avere una situazione più chiara del DTC del vino in Italia. Vi lascio comunque qui il link per poter scaricare il rapporto. Se però siete abbonati alla newsletter potrete scaricarlo in modo diretto dal prossimo numero. In questo post tratterò solamente la parte relativa al DTC del vino, lasciando in un altro post l’analisi per l’enoturismo.

Come nel report sul DTC negli USA edito da Sovos e Wine Vines Analytics, che potrete trovare in un prossimo numero della newsletter, anche in Italia il canale DTC è utilizzato maggiormente da cantine di piccole dimensioni.

In questo post trovate il report DTC USA del 2021.

Sono interessanti le risposte alle domande esposte nel report, domande ben poste e che riescono a dare un panorama del DTC del vino in Italia; soprattutto mostrano un ritratto delle aziende vinicole molto poco capace di sfruttare le informazioni e soprattutto di recuperarle.

Il wine business italiano non sa usare I canali digitali

Ne nasce un profilo dove il rapporto diretto fra cantina e consumatore è praticamente inesistente; solo l’11% delle aziende dichiara di produrre metà del fatturato dal canale DTC, il 12% non utilizza email o sistemi di messaggistica diretta, e nemmeno ordini telefonici. Quasi il 40% non vende nemmeno tramite fiere ed eventi.

il 21% non raccoglie nessun dato

il 30,4% utilizza fogli cartacei

il 26,1% utilizza datasheet

il 22,4% utilizza un CRM professionale

Ed anche per quanto riguarda il tipo di dati raccolti non c’è da stare allegri, visto che oltre il 94% prende l’indirizzo email dei visitatori in cantina, ma poi non la utilizza per i contatti successivi.Il 31% infatti dichiara di non utilizzare l’email marketing per vendere il loro vino; quasi il 40% dichiara di vendere meno del 10% della produzione con questo canale.

Le motivazioni sono disarmanti: non hanno tempo o strumenti, non ci hanno mai pensato, non pensano sia utile. Ma probabilmente nessuno ha mai spiegato alle cantine vinicole italiane l’utilità dei dati per il DTC del vino. Solo il 40% utilizza un e-commerce esistente o uno proprietario, e le restanti o stanno valutando o credono che non sia strategico per la loro azienda.

il 44% delle aziende vinicole investe meno di 200€ al mese per lo sviluppo del DTC del vino

il 41,4% non investe alcun budget

Viene poco sfruttata anche la visita in cantina, quindi l’enoturismo, che potrebbe essere il canale migliore per acquisire nuovi clienti; il 50% delle cantine dichiara che la maggior parte dei loro visitatori compra il vino, ma in piccole quantità. E naturalmente, tornando al discorso sui dati raccolti, quasi nessun produttore effettua delle correlazioni tra le bottiglie vendute e i dati dei visitatori. Ma d’altra parte non utilizzando strumenti di marketing, a nessuno viene in mente di costruire dei segmenti della clientela.

Poche sono anche le vendite da e-commerce, più del 90% non arriva a 500 spedizioni l’anno, per la maggior parte in Italia (42,7%).

Non viene fuori un bel quadro delle conoscenze di marketing delle aziende vinicole italiane. Se pensate che il settore vinicolo è uno dei nostri mercati di punta, siamo i maggiori produttori di vino al mondo e i secondi esportatori, non va per niente bene.

Un sistema di vendita vecchio

Non è, credo, solo una questione di costi ma una questione di comprensione del problema e di sistema di vendita. Il mercato vinicolo è fortemente legato agli intermediari, che svolgono benissimo il loro non semplice lavoro. Sarebbe impensabile per un produttore girare per i ristoranti d’Italia a proporre il proprio vino, e quindi l’intermediazione è necessaria. E la vendita diretta non inciderà mai più di tanto sulla vendita in enoteca o al supermercato, ma potrebbe addirittura essere utile a questi esercizi commerciali; basterebbe che studiassero i dati di vendita per capire se spostarsi su una tipologia di vino o su un’altra, e con il DTC ci sarebbero anche molti più dati disponibili.

Il problema è tutto delle aziende vinicole, che lasciano parecchi soldi nella filiera, o meglio, molti mancati guadagni. Una soluzione ad esempio potrebbe essere tenere parte della produzione solo per la vendita diretta, una quota da aumentare ogni anno in base all’andamento delle vendite. Ma occorre anche sapere come usare i sistemi di marketing digitale e gli strumenti base, come email e messaggistica istantanea. Lasciate stare i social, oppure imparate ad usarli.

Il mercato viaggia sui canali digitali, in tanti consumatori hanno imparato ad usarlo nel 2020. Ma i produttori, in quanti hanno capito come usarlo, come adattarlo alle proprie esigenze, come fare in modo che la trasformazione digitale diventi un sistema di crescita? E quindi veniamo alla domanda successiva: chi aveva il compito di far capire al mondo del vino che o sei digitale o chiudi? Vale anche per altri settori, per i piccoli negozi, piccoli ristoranti, il commercio di quartiere. Molti lo hanno capito e, in qualche modo, sono riusciti a salvarsi e addirittura a migliorare.

Ma gli altri?

Chi non ha capito il cambiamento, le potenzialità che può dare l’utilizzo dei sistemi digitali, che fine sta facendo, dove si troverà fra 5 anni? La concorrenza internazionale è forte, i paesi con più spinta tecnologica crescono, chi si ostina ad usare il fax avrà qualche problema. Il vino digitale in Italia deve ancora arrivare.

Ecco perché prima di incamminarsi nel DTC del vino occorre iniziare a porsi qualche domanda, e dovrebbero porsela tutti quanti, dai produttori ai distributori, dai ristoranti ai wine bar. I consumatori, credo si siano già dati anche le risposte.

Foto di Christina Morillo da Pexels

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