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Ripensare i marketplace nel mercato del vino

Tra il 2020 e il 2021 i marketplace nel mercato del vino, e in generale per il Food&Beverage, hanno avuto crescite fino al 300%.

Ormai ci siamo tutti resi conto che nel mercato offline, quello basato sui distributori o sulla vendita diretta, le cantine vinicole riescono in qualche modo a sapere dove vanno a finire le loro bottiglie di vino, quali enoteche lo vendono, i nomi, a volte, dei clienti finali, quelli che poi le bottiglie le aprono davvero.

Piattaforme digitali e vendita del vino

Il canale dei marketplace digitali è differente, il controllo che può avere il produttore è vicino allo zero. Eppure i canali digitali possono fornire queste informazioni in modo molto più efficace.

Ricavi del canale e-commerce del mercato alcolico 2023 – Fonte Statista

Si stima che il mercato dell’e-commerce del vino crescerà di 15,18 miliardi di dollari (9,46%) tra il 2023 e il 2028. Intendiamoci, questi sono numeri dello scorso anno, e la crescita dipende da diversi fattori, quindi vorrei evitare di fare previsioni, visto come sta andando il mercato del vino. Ma è indiscutibile la comodità delle piattaforme online: possiamo acquistare vini che difficilmente si trovano in enoteca. Vini naturali, vini esteri, vini NoLo, insomma, la varietà è tanta e la possibilità di scelta anche. Non tutti i marketplace nel mercato del vino funzionano bene, e anche se funzionano ad un certo punto chiudono, come Drizly dopo che è stata acquisita da Uber. Insomma, la parte realmente difficile è proprio il delivery, la consegna, non certo la ricerca.

Il mercato diffuso del vino

I clienti sono sparsi come minimo in tutto lo stato, e se sei internazionale ci sono leggi e regolamenti diversi ad ogni attraversamento di confine, come negli iStati Uniti ad esempio. Molti si appoggiano a rivenditori locali, aumentando però la complessità della piattaforma. Ma un marketplace per il vino è complicato perché il vino è un prodotto complicato: è di nicchia, ha un costo elevato, è difficile realizzare un’economia di scala. Le spese di spedizione non sono trascurabili, a meno di acquistare un elevato numero di vini, il che si traduce a volte in una spesa minima attorno ai 100 euro.

Anche appoggiandosi ai rivenditori locali, occorre stringere accordi con un numero piuttosto elevato di negozi, c’è un enorme numero di punti vendita, enoteche, wine bar, rivenditori al dettaglio e all’ingrosso, ognuno con la propria lista dei vini, i propri prezzi di vendita e costi di spedizione. Così il consumatore gira fra piattaforme cercando la soluzione migliore, ed alla fine si rende conto che deve acquistare almeno 4 bottiglie per rendere accettabili le spese.
Il sistema sembrava promettente, ma nessun investitore si è fatto avanti, dopo i round iniziali, e così anche Pix ha dovuto chiudere i battenti. Quindi, forse, così promettente non era, a conti fatti, visto che quando si parla di usare i dati aggregati di vendita, il mercato del vino non riesce ad usarli. Su alcuni blog e su Medium c’è stato un piccolo e intenso dibattito in merito a questa cosa.
Ma quindi nell’industria del vino è davvero difficile, se non impossibile, costruire una piattaforma di vendita generale, una specie di Amazon o eBay del vino? Ecco, il vino è un prodotto un po’ particolare, come dicevo all’inizio ci sono tantissimi produttori, dello stesso vino si possono trovare un numero davvero enorme di etichette, in tutto il mondo. Pensate a vini internazionali, come il Pinot Noir, lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon, il Syrah.
Ma con altri prodotti come funziona?

Come funziona Nike

Nike ha spostato la vendita dei suoi prodotti in negozi con il proprio marchio, quindi conosce bene i propri clienti, nome e cognome. Dopo aver venduto quelle scarpe, come fare a sapere quando il cliente se le infila per andare a fare una corsa, o a partecipare ad una gara? Per questo c’è un’app che il cliente se vuole può attivare per tenere conto dei chilometri percorsi, dei tragitti, dei miglioramenti nei tempi. Insomma tutto quel che serve per uno sportivo per monitorare le proprie prestazioni.
Lo stesso fanno altre aziende, McDonald ad esempio sa benissimo quando viene mangiato il suo panino e le sue patatine.
Tutte queste informazioni sono utili per stabilire le strategie di vendita, i flussi e le scorte di magazzino, per automatizzare alcuni processi. E naturalmente per fidelizzare il cliente.
Una cosa che il vino non può fare, e probabilmente nemmeno lo farà mai, è proprio la fidelizzazione del cliente.

Non puoi fidelizzare un cliente che non hai

Certo, ci sono vini che ci piacciono più di altri. Naturalmente quando voglio bere, ad esempio, un Frascati Superiore, in genere scelgo tra quel paio di etichette che conosco e che mi piacciono di più, ma posso anche decidere di stappare una bottiglia di Erbaluce di Caluso, per dire, ed anche qui sono solo un paio di aziende che mi piacciono. Ma se prendo vini più diffusi, come un Cabernet Sauvignon o un Pinot Noir, uno Chardonnay o un Pinot Grigio, ci sono davvero centinaia di aziende che ne producono. Il problema è che per l’azienda vinicola, il cliente non è chi beve il suo vino, ma chi lo rivende. L’azienda vinicola vende le sue bottiglie ad un rivenditore, un distributore, e questo poi a sua volta lo vende ad un supermercato, un’enoteca, un ristorante.

Dimensione del mercato online – Previsioni. Fonte Technavio

L’azienda vinicola riesce a sapere quali sono le enoteche che hanno il suo vino, o i ristoranti che lo mettono in carta, ma non può accedere al wine lover, quello che stappa la bottiglia. Questo è l’ostacolo che non rende conveniente, per la cantina, avere accesso ai dati. Il rivenditore non ha bisogno di conoscere questi dati, che forse sono interessanti ad un wine bar per stabilire le strategie di comunicazione.

Se non si sviluppa un canale DTC, e questo non è stato possibile nemmeno negli Stati Uniti, allora tutti questi numeri sono poco interessanti. I marketplace nel mercato del vino sono solamente una enoteca diffusa, un supermercato virtuale. Come tali vanno considerati.

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