L’utilizzo di tecnologie digitali nel processo di produzione del vino potrebbe avere un effetto rivoluzionario nell’antica arte del vignaiolo.
Wine data sharing
Dalla condivisione dei dati meteo a quelli sulla salute delle piante, dall’uso di sistemi di georeferenziazione alle mappe digitali che un cliente può scaricare sul proprio dispositivo mobile, le possibilità sono numerose, per non parlare di tutto quel che accade dopo che il vino è stato imbottigliato, ossia la sua commercializzazione, la vendita, l’attrazione di nuovi clienti in cantina.
Tutte queste fasi hanno bisogno di coordinamento e soprattutto di condivisione. Le tecnologie, digitali o analogiche che siano, non hanno il potere di costringere le persone a condividere le proprie informazioni; se questa volontà esiste , una piattaforma digitale di data sharing può mostrare tutte le sue potenzialità.
Finché però mancherà l’idea di mettere assieme le informazioni, nessuna piattaforma avrà successo, e soprattutto non sarà a buon prezzo.
Fermi al primo passo
Spesso la spinta digitale dell’azienda vinicola si arresta al sito web con una sezione di e-commerce ed una app da scaricare per avere a disposizione l’elenco e la descrizione dei vini della linea aziendale. Invece questo passo dovrebbe essere quello iniziale, seguito poi dalla creazione di una ‘community’ attorno alla propria presenza web che serve sia come bacino di clienti, che per ricevere i feedback necessari per il miglioramento della esperienza utente.
Non può essere questo l’obiettivo finale del vignaiolo digitale, che forse non si rende conto di vivere in una enclave ancestrale che prima o poi qualcuno deciderà di conquistare.
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Le aziende tecnologiche non impiegheranno molto a rivolgere il proprio sguardo al mondo del vino, che globalmente vale attorno ai 170 Miliardi di dollari al netto delle spese e delle tasse ogni anno, per un totale di circa 245 milioni di ettolitri suddivisi in 7,5 milioni di ettari di vigneti. Son bei numeri, son bei soldi.[/wc_box]
Una seconda opportunità che le tecnologie digitali possono fornire alle aziende vinicole, è la mappatura 3D del proprio vigneto (grande o piccolo che sia), ossia una mappa a strati ognuno dei quali contiene dati diversi, dalla vigoria delle piante alla composizione del suolo, ai dati ambientali. Mettendo insieme questi dati con il passare delle stagioni, si ottiene un modello piuttosto accurato di come si comporta tutta la proprietà dell’azienda vinicola.
GIS e Big Data: è la strada del vino?
E condividendo i dati si possono avere informazioni utili sull’impatto del cambiamento climatico, ad esempio, oppure metterli in relazione con le vendite o la tipologia di clienti.
Tutte cose che oggi, unendo piattaforme GIS (Geographical Information Systems) e Big Data, risulterebbero piuttosto semplici da fare.
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Produrre artigianalmente
Vendere industrialmente.[/wc_box]
La cooperazione tra produttori vinicoli consentirebbe, oltre alle ovvie economie di scala, di:
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- convincere istituti di ricerca pubblici e privati ad investire in questo settore, sviluppando ad esempio sensori specifici per controllare determinati parametri dell’uva, della vite o del terreno;
- attrarre sviluppatori indipendenti per migliorare le piattaforme ed i software esistenti;
- fare campagne mirate per attrarre visitatori nel territorio, presentandosi come un’unica regione anziché come tante cantine divise;
- dettare le proprie condizioni alle aziende fornitrici di tecnologie, anziché subirle;
- avere un miglior controllo sulla filiera del vino ed una maggiore difesa contro le sofisticazioni o le contraffazioni.[/wc_box]
Quando le aziende vinicole riusciranno a rendersi conto di avere la giugulare digitale scoperta e correranno ai ripari, avranno la possibilità di legare al vino un grande (e creativo) mercato che attrarrà competenze e tecnologie da tutto il mondo.