Per il quarto anno consecutivo è stato pubblicato il report FleishmanHillard sulla presenza del vino nei canali digitali; sono state analizzate le prime 32 cantine vinicole italiane per fatturato.
Riassumendo al massimo potremmo dire che l’attenzione ai contenuti sta iniziando ad avere una certa importanza anche per le aziende vinicole, che si affidano soprattutto alle immagini, mentre il settore e-commerce invece è ancora scarso.
Analizziamo i dati del report
Per quel che riguarda la classifica social, le posizioni tra i primi 10 rimangono più o meno invariate, con spostamenti rispetto allo scorso anno di una o due posizioni in su o in giù.
Per le aziende nella parte più bassa del fatturato invece, si registrano peggioramenti anche di 10 posizioni: è il caso di Ruffino (-11), Italian Wine Brand (-10) e CAVIRO (-9); buona l’affermazione di Mionetto e Villa Sandi che, come new entry, si posizionano in 7a ed 8a posizione.
E’ interessante andare a vedere la frequenza con cui le aziende vinicole aggiornano i propri profili social: solo Facebook e Twitter vengono aggiornati quotidianamente, mentre Instagram e YouTube vedono nuove foto e video al massimo settimanalmente.
In ogni caso Instagram è cresciuta del 23% rispetto al 2016, e su Wikipedia si iniziano a trovare riferimenti alle aziende vinicole, esattamente il 37,5%.
Cantine e fatturati
In realtà il report, per il campione su cui è costruito, non può essere rappresentativo di tutta la realtà vinicola italiana; le aziende prese in considerazione sono le più grandi in termini di fatturato e non hanno la sensibilità di dover avvicinare il cliente singolo ad assaggiare il loro ultimo prodotto.
Si fanno invece forza semplicemente della loro posizione dominante nel mercato vinicolo italiano, considerando che tutte insieme rappresentano oltre il 50% del fatturato di tutto il mercato del vino italiano.
E’ però vero che se a trainare il settore digitale non riescono i grandi, di sicuro i più piccoli non verranno nemmeno stimolati, a meno che non riuscire a trovare un sistema per far comprendere le potenzialità dei canali e delle tecnologie digitali.
Link building scarsa ma tanti follower in cantina
Tornando ai numeri, non buona l’attività di link building delle cantine italiane, ossia la presenza di un link al proprio sito in un altro sito web, segno che il blogging non è ancora (dopo oltre 15 anni di esistenza!) ben compreso da parte delle maggiori cantine vinicole italiane.
Naturalmente il maggior numero di fan si ha su Facebook, mentre su Twitter e su Instagram le cantine hanno ancora pochi seguaci.
L’analisi dei contenuti evidenzia però che aumenta il numero di aziende vinicole dove si parla di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, e dove si dà importanza ai vitigni autoctoni, e praticamente tutte le aziende hanno il sito in almeno due lingue.
Poco e-commerce per le aziende vinicole italiane
Le note negative sono nell’e-commerce, nella User eXperience e nella comunicazione diretta.
Solo 3 aziende sulle 32 analizzate offrono la possibilità di acquistare i propri prodotti direttamente sul loro sito, il che dimostra che la digitalizzazione non ha per nulla accorciato l’intermediazione: una buona notizia, in fondo, per gli intermediari, ma anche il segno di modelli di logistica un po’ datati.
Per quel che riguarda la UX, molti sono ancora i siti web vinicoli poco fruibili, anche se quasi tutti sono ottimizzati per il traffico da mobile; il concetto però di avere un sito web semplice e comodo all’uso dell’utente, ancora si deve far strada nelle coscienze di molte cantine.
La comunicazione diretta, ossia forum o chat dirette con i propri clienti, è invece nulla: per contattare una cantina c’è sempre e solo il metodo dell’email, un telefono o il fax (!).
Niente chat nel bicchiere
Avere invece a disposizione una chat interattiva potrebbe essere un buon punto di svolta nella fidelizzazione del cliente, non solo proponendo sconti in occasione di fiere ed eventi, ma risolvendo magari qualche piccolo problema di consegna o fornendo suggerimenti sugli abbinamenti migliori.
Sebbene il territorio sia valorizzato, è assente qualunque riferimento a punti di interesse delle zone che circondano le cantine, ristoranti dove assaggiare uno dei vini in elenco o alberghi dove trascorrere qualche giorno di vacanza.
Se vogliamo tirare una somma di questo report, potremmo dire che le aziende vinicole italiane, almeno queste 32 più ‘ricche’ in termini di fatturato, sono troppo auto-celebrative, lasciando poco spazio ai propri clienti e con una scarsa propensione alla sharing economy con le altre realtà dei loro territori.
Il che è esattamente il contrario di quel che le tecnologie digitali consentono e che quelle più piccole potrebbero iniziare a fare.
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