Vino italiano certificato con la Blockchain

La tecnologia della Blockchain è nota soprattutto per i Bitcoin e le altre monete virtuali, ma in realtà è un algoritmo che consente di tracciare non solo movimenti finanziari, ma anche spostamento e trasformazione di beni materiali.

Certificare la supply chain del vino

Semplificando molto, ogni volta che un oggetto viene spostato da un punto all’altro della propria catena produttiva e distributiva, viene generato un gettone (token) con un preciso numero identificativo. Ad ogni passaggio anche questo token viene spostato, garantendo e certificando ogni step lungo la catena. 

Come ogni altro prodotto, anche il vino ha necessità che sia bene identificato ogni attore lungo il percorso di produzione prima e di distribuzione poi; naturalmente questa esigenza è molto più sentita per i vini di alto pregio.

In realtà ogni bottiglia porta assieme a se anche tutta la propria storia, dalla vigna fino al calice del wine lover. Potete leggere questo mio post se siete interessati ad altre sperimentazioni sulla blockchain del vino

Lo scorso anno, ben quattro aziende vinicole italiane di tutto rispetto hanno iniziato un percorso che prevede l’uso della tecnologia blockchain per la tracciatura delle bottiglie.

Si tratta di Ricci Curbastro (Franciacorta), Ruffino (Chianti) e Torrevento (Puglia), a cui poi si è aggiunta anche Michele Chiarlo (Gavi, Piemonte). I vini inseriti in questo programma sono:

  • Santella del Gröm Curtefranca Rosso Doc 2013
  • Riserva Ducale Oro Chianti Classico Gran Selezione Docg 2014
  • Veritas Castel del Monte Bombino Nero Rosato Dogc 2017.

L’implementazione tecnologica è stata possibile grazie alla società di certificazione DNV GL, che ha usato la soluzione My Story™ basata sulla blockchain pubblica VeChain. Qui potete trovare un video di Sunny Lu, CEO di VeChain, che spiega in modo simpatico come funziona il meccanismo della blockchain.

Cosa vede il wine lover

Inquadrando con lo smartphone il QR-code applicato sulla bottiglia, si possono scoprire alcune informazioni sul vino che sta bevendo, la zona di provenienza, la storia della cantina, le informazioni organolettiche. 

È interessante notare che oltre a fornire queste indicazioni, utili per il consumatore finale, possono essere tracciate tutte le azioni ed i passaggi lungo la catena di distribuzione.

Questo non è certo il primo esperimento sull’uso della blockchain per la commercializzazione del vino, potete leggere questa mia intervista per avere un panorama più completo. 

Come tutti i sistemi di tracciatura, è fondamentale che ogni stakeholder apponga la propria “firma digitale” al proprio lavoro; per farlo in modo automatico, entrano in gioco gli smart contract, un vero e proprio contratto digitale che consente i passaggi di prodotto e gestisce anche i pagamenti.

La blockchain da sola non servirebbe quindi a nulla se non si riuscisse a tener traccia di ogni passaggio, ed in questo viene in aiuto la tecnologia della Internet of Things (IoT), l’insieme cioè di dispositivi digitali come sensori e geolocalizzatori che, in modo automatico seguono la bottiglia in ogni sua fase.

Un insieme di tecnologie nella sempre più complessa catena del Food&Beverage. 

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