Ho ripreso questo post di quattro anni fa, in cui riporto l’intervista con il dr. Sigfredo Fuentes dell’Università di Melbourne. Alcune di quelle idee si sono realizzate, come l’accelerazione nel monitoraggio, mentre altre come la condivisione di dati ancora no. L’Australia è stato il primo, e che mi risulti l’unico paese, ad effettuare una mappatura completa di tutti i suoi vigneti da immagini satellitari. Se volete sapere come è correlata l’immagine qui sopra con il resto del post, vi toccherà leggere fino in fondo. Buona lettura.
Di certo non è semplice usare tecniche e tecnologie del XXI secolo per una attività che risale a migliaia di anni fa, come quella di coltivare la vite e fare vino.
E’ un cambio di mentalità quasi distruttivo, che mette in discussione princìpi, processi, ideali; è un cambio di mentalità che però diventa necessario, soprattutto per i piccoli viticoltori, che rischiano di scomparire dal mercato, sopraffatti dalle industrie con milioni di bottiglie prodotte ogni anno.
A specific study in Australia is the training of dogs to detect Phylloxera, which is a well-known insect that attacks primarily roots of grapevines and it almost wiped out the wine industry from Europe in the mid 1800’s
Esperimenti e studi si iniziano a svolgere in molte zone vinicole, e naturalmente non poteva mancare l’Australia che ha sempre fatto dell’innovazione il proprio segno distintivo.
Intervista Down Under
Ho quindi approfittato dell’occasione per intervistare, via email, il dottor Sigfredo Fuentes, Senior Lecturer in Wine Sciences al Dipartimento di Agricoltura e Sistemi di Alimentazione della facoltà di Veterinaria e Scienze Agricole dell’Università di Melbourne, collaboratore in numerosi progetti in ambito agricolo e soprattutto coordinatore del progetto Vineyard of Future, di cui ho già avuto modo di parlare. Leggetevi il mio post precedente e poi tornate qui.
A lui ho rivolto alcune domande in merito all’utilizzo della tecnologia in vigna ed in generale nella viticoltura australiana.
Wine Roland – Ciao Sigfredo e grazie per aver risposto alle mie domande. L’Australia si è sempre distinta nell’utilizzo della tecnologia nel campo vinicolo. Quanto investe il tuo paese in quest’ambito?
Sigfredo Fuentes – E’ difficile dare una risposta precisa, non ci sono dati sicuri. Probabilmente l’associazione Wine Australia ha informazioni dettagliate. I viticoltori australiani pagano una tassa a WA, e parte di essa viene assegnata a concorso per studi e ricerche, per lo più gestiti da istituti di ricerca. Nel 2015 è stato creato l’evento Digital Viticulture con lo scopo di coordinare tutte queste iniziative. Considera che siamo ancora agli stadi iniziali, e molti studi ed esperimenti si sono rivolti all’applicazione formale delle tecnologie per scopi commerciali. E’ interessante notare, inoltre, che iniziano ad apparire pubblicità di aziende che forniscono servizi per l’uso di droni e robot per la gestione del processo di irrigazione, di fertilizzazione, e per governare piaghe e malattie della vite.
WR – Chi sono i principali utenti di questi studi?
SF – In pratica, tutti i viticoltori, dai più piccoli ai più grandi. Nel prossimo futuro, immagino una grande quantità di dati disponibili per i viticoltori, incrementando il mercato tecnologico. Questo si tradurrà in una diminuzione dei prezzi, rendendo così disponibili questi processi anche ai produttori più piccoli, rendendoli in grado di utilizzare reti di sensori, droni ed informazioni processate grazie ai big data.
Smart Vineyard e mappe digitali
WR – Pensi che questo trasformerà i vigneti in una sorta di Smart Vineyards, come le città che diventano Smart Cities?
SF – Si, l’idea è quella. Ma è ancora difficile immaginare una vigna completamente automatizzata. Al momento, i sistemi sono orientati ad aiutare il produttore vinicolo nel processo decisionale, perché non bisogna dimenticare che oltre al processo suolo-atmosfera-vitigno, esistono anche gli aspetti legati alla commercializzazione del vino, lo stile, le sue caratteristiche.
WR – Cercando in giro, non ho trovato molte mappe digitali, su Google Earth ad esempio, o file per mappe GIS, riguardo al vino. Cosa ne pensi a riguardo?
SF – E’ vero, non ci sono molti dati pubblici, probabilmente a causa della mancanza di condivisione dei dati tra le varie aziende. Noi però stiamo effettuando studi in tal senso, e presto potremo mostrare interessanti mappe relative alla produzione di vino in Australia. Giusto per citare un esempio, abbiamo studiato per 4 anni il rotundone, un sesquiterpene che dà allo Shiraz australiano il famoso aroma di pepe. Gli studi sono stati portati avanti dal dottor Pangzhen Zhang, che è stato mio studente ed ora sta facendo un dottorato insieme a me ed al dottor Kate Howell.
L’aroma di pepe è elevato in questo vino, specialmente per quei vigneti con clima da moderato a freddo. Ebbene, noi oggi siamo in grado di capire come funziona il rotundone, e possiamo generare delle mappe del rotundone in funzione del clima australiano. Non solo, stiamo studiando come si stanno muovendo queste zone a causa dei cambiamenti climatici, e ci siamo resi conto che le zone di rotundone si stanno spostanno verso sud, con delle piccole sacche dovute ai microclimi ed all’altitudine dei vigneti.
Studiando questo aspetto, speriamo di riuscire a fare la stessa cosa per altre caratteristiche delle viti e dei vini.
WR – I robots sono usati molto in agricoltura e poco nella viticoltura. E’ forse a causa dello scarso spazio tra i filari, ad esempio?
SF – Il problema dello spazio tra i filari è più sentito in Europa che negli USA, ad esempio, dove la distanza è maggiore, ed inoltre i macchinari sono sempre stati usati negli Stati Uniti.
Credo sia molto più un problema di tradizione, nel senso che in Europa il vignaiolo ha sviluppato un più alto senso di correlazione tra il vigneto e l’ambiente che lo circonda, e spesso questo viene usato per il marketing (il terroir, la biodinamica, il naturale, …). In Australia non ho incontrato spesso questo approccio al vino, ma immagino che per l’Europa non sia così.
Invece UAS (Unmanned Aircraft System, ossia i droni, NdA) e robot sono una autentica rottura di mentalità per l’immediato utilizzo da parte del produttore.
I big data possono aiutare a capire le conseguenze del cambiamento climatico
WR – I Big Data sono sempre più importanti via via che aumenta la quantità di dati e la loro eterogeneità. VoF usa questo tipo di tecnologia?
SF – Si, li utilizziamo come base preliminare per l’utilizzo di UAS e sistemi robotici. Abbiamo molte fonti dati aperte, come l’Australian Soil and Landscape Project e l’Australia Water Avalaibility Project, ed è fondamentale avere un’idea di come i cambiamenti climatici possono modificare i nostri modelli. Il clima sta cambiando rapidamente, ed è necessario inserire questa variabile negli studi per l’applicazione delle nuove tecnologie.
Il dottor Fuentes poi mi ha accennato al progetto IR-busmonitor di cui ho parlato nel post dell’altra volta, spiegandomi che partirà probabilmente a settembre quando le piante ricominceranno il proprio ciclo, aggiungendo che partner in questo progetto sono Digital Falcon e TelStra, aziende entrambe di Melbourne.
La chiacchierata (sempre via email), si è spostata poi sui progetti che VoF sta portando avanti, e vi lascio alla pagina dell’intervista completa dove potrete capire come un attento studio e l’uso di tecnologie adatte, possono essere di estremo aiuto ai vignaioli, a patto però che questi progetti coinvolgano più produttori possibili.
Naturalmente, ringrazio il dottor Sigfredo Fuentes per il tempo che mi ha concesso, e spero di darvi altre notizie sugli studi che lui ed il VoF stanno compiendo.
Un cane, il GPS e la fillossera
Qui vi accennerò solo ad un interessante studio che VoF sta effettuando sulla fillossera, la tremenda malattia che distrusse il 90% dei vigneti in Europa due secoli fa. Ebbene, hanno scoperto che la fillossera secerne un feromone a cui sono sensibili i cani. Mettendo sul dorso degli animali un piccolo modulo GPS, tramite una semplice App da installare sullo smartphone si riesce ad avere il punto esatto in cui il cane si ferma ad annusare, ottenendo così in modo completamente non invasivo e non dannoso (né per le piante né per il cane, naturalmente) una mappatura dei punti in cui questo parassita è presente nel vigneto.
Certo, uno studio di questo tipo sarebbe interessante poterlo fare anche qui da noi in Europa.
Nota: Nella pagina dell’intervista completa potrete trovare anche i riferimenti del dottor Fuentes ed il sito web del VoF.
Photo by Charles Deluvio on Unsplash