Continuo con post sui report, in questo caso l’enoturismo in Italia, e precisamente il già utilizzato rapporto di Divinea. In un post precedente ho evidenziato le loro conclusioni sulla vendita diretta, e lo potete leggere qui.
Parlare di enoturismo a volte sembra come raccontare una favola, tutto molto bello ma anche poco sfruttato. Questo perché ormai abbiamo costruito una narrazione, una storia, che non è basata su numeri e misurazioni, ma solo sui sentimenti. Chiaramente le sensazioni, le storie, quando si parla di turismo in genere, sono necessarie. Sono la spinta che porta il visitatore in un luogo, e la narrazione costruisce le sue aspettative. L’accoglienza, se pensiamo in particolare al turista nord-europeo, è sempre ad alti livelli, noi Italiani siamo abituati a standard alti, sia nel cibo che negli intrattenimenti.
Ma restare ancorati solo al panorama e alla storia rischia di essere solo un freno, se non si sanno utilizzare bene.
I dati sull’enoturismo in Italia
Il turismo, e in particolare l’enoturismo in Italia, è un settore fondamentale della nostra economia, e quindi studiarlo un po’ di più non sarebbe male. Peccato che si raccolgano sempre pochi dati in merito.
Il rapporto di Divinea è uno dei pochi che ci sono in giro, ed è interessante perché mette il centro sul consumatore di vino, più che sugli stakeholders della filiera. Una delle prime cose che vengono scritte nel report, nella parte dedicata all’enoturismo in Italia, è stabilire dei KPI, i Key Performance Index, dei parametri per misurare il fenomeno. Il report potete scaricarlo da qui, basta solo inserire la vostra email.
Si è passati da gruppi numerosi a tour privati o comunque piccoli gruppi, da esperienze in bottaia e in luoghi chiusi a visite nel vigneto e degustazioni all’aria aperta.
Dal report di divinea, paragrafo 1.1
Una delle cose più importanti, dopo arriviamo ai dati, che leggo nel report è proprio in questo paragrafo: la conoscenza del visitatore è il punto attorno al quale dovrà ruotare tutto il settore.
Dal 2020 in poi sono cambiate molte cose, anche nell’accoglienza; la necessità di contingentare il numero di visitatori ha portato a modifiche di comportamenti e pratiche di accoglienza. C’è stata una maggiore attenzione alla gestione delle visite, e quindi una migliore organizzazione. Quindi il settore dell’enoturismo si sta modificando, si modificano anche i visitatori con un aumento dell’11% delle generazioni più giovani. Che hanno ovviamente esigenze e interessi differenti rispetto ai loro genitori, nati negli anni ’50 e ’60.
Sebbene siamo tra i primi consumatori e il primo produttore di vino al mondo, in ambito di enoturismo in Italia non siamo ai primi posti. In termini assoluti le cose non vanno male, ovviamente, ma se vediamo il confronto con Francia, Portogallo, California, ci rendiamo conto che potrebbero andare anche molto meglio.

Interessante la creazione, da parte di Bounce, del Wine Lover’s Index, un modo per mettere a confronto il settore; naturalmente Italia, Portogallo, Spagna e Francia sono i primi del gruppo. È credo il primo tentativo di avere un ranking comparato nel mondo dell’enoturismo; vengono presi in considerazione sia la quantità di vino prodotta che il numero di tour in cantina per 100.000 abitanti. Come tutti i report, questi sono numeri aggregati, ma forniscono una buona indicazione.
Napa Valley | Francia | Italia | |
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Valore mercato enoturismo (€) | 2 Miliardi | 5 Miliardi | 2,7 Miliardi |
Numero di visitatori (milioni) | 3,9 | 10 | 15 |
Vendite DTC | 70% | 30% | 10% |
Penetrazione digitale | °°° | °° | ° |
Messi insieme, i due indici confermano che l’Italia cresce meno del suo potenziale: potrebbe fare meglio, come si diceva una volta a scuola. Durante la V conferenza mondiale sull’enoturismo nel 2021, sono stati individuati alcuni parametri necessari per la crescita di questo settore
7 parametri fra cui:
Innovazione
Sostenibilità
Collaborazione
La maggior parte delle cantine (71%) offre la classica degustazione con visita della cantina, poche quelle aziende vinicole che propongono la visita ai vigneti o picnic in vigna, ad esempio. Tra i ritardi maggiori c’è il sistema di prenotazione, con solo meno del 6% delle aziende che dà la possibilità di prenotare la visita sul sito e pagare online.
Sul proprio sito web il 53,5% delle cantine non ha una sezione dedicata all’enoturismo
Il 19,6% ha un form di prenotazione ma senza possibilità di scelta del giorno e del pagamento
Non voglio fare lo spoiler del report, al suo interno sono contenuti dati davvero interessanti. Si possono però trarre delle conclusioni che, immagino, non saranno inaspettate.
Organizzazione
Non è semplice per una piccola cantina dedicare una persona all’accoglienza dei visitatori, tutti i giorni. Ma è chiaro che se questa attività comporta un aumento delle vendite, allora potrebbe essere interessante organizzarsi in questo senso. Le possibilità di crescita ci sono, come potete leggere anche sul report del DTC negli USA dove ho scritto su questo post. Imparare è possibile.
Digitalizzazione
Gli strumenti tecnologici possono essere di grande aiuto in particolare proprio per le cantine più piccole. Non stiamo parlando di mettere in piedi un laboratorio nucleare, basta avere un sito web ben strutturato e con la possibilità di prenotare e pagare online. Ci sono strumenti che si integrano nel sito web già presente, o piattaforme all-in-one come quella di Winearound.
Marketing
Farsi conoscere dal cliente significa renderlo fedele e soprattutto farlo ritornare. Dedicare giorni particolari per degustazioni a tema, ad esempio, o una visita con un occhio di riguardo ai bambini e a chi ha mobilità ridotta. La sostenibilità è un punto di forza, non basta dire ‘Noi siamo contadini’; la scelta di materiali di imballaggio, processi di trasporto non energivori, alimentazione d’energia non legata ai prodotti fossili, sono gli aspetti su cui puntare. La raccolta dei dati dei clienti, come l’email, la dimensione dei gruppi, il luogo di provenienza e il budget di spesa, sono informazioni importanti per decidere le strategie di accoglienza.
Conclusioni
Caso a parte riguarda il coinvolgimento delle istituzioni, amministrazioni locali e consorzi o strade del vino. Risulta naturalmente difficile, proprio per indole italiana, usare la collaborazione come vantaggio. Ma questo significa che le strade del vino restano abbandonate, i consorzi non sanno dare indicazioni, le amministrazioni locali non si occupino della valorizzazione del panorama enoturistico. È un peccato, ma questo dipende in gran parte dai produttori nel momento in cui vanno a scegliere i loro rappresentanti.
Il mercato dell’enoturismo in Italia è, come tutti dicono da più parti, uno dei più promettenti, ma la frase ritrita del ‘turismo, il petrolio italiano’ è diventata fossile come lo stesso petrolio. Un cambio di passo è necessario, ma con una strategia; in caso contrario presto ci troveremo superati da Cile e Nuova Zelanda.