Punteggi del vino e analisi dei dati

Riviste, blog, eno-critici: ognuno ha la propria scala di valutazione per dare punteggi alle etichette del vino. Nei corsi da sommelier si insegnano metodi per fornire indicazioni, quanto meno qualitative, per descrivere il bicchiere in degustazione. Ma come è possibile uguagliare queste cifre, fra tappi e stelline o punteggi in scale in ventesimi e centesimi? Cosa accomuna realmente tutte queste valutazioni?

Note di degustazione e data analysis

L’analisi dei dati può venire in aiuto, per misurare analogie e differenze tra i differenti metodi di classificazione; David Morrison, australiano, biologo, ha usato alcune tecniche di data analysis per capire queste differenze.

… dopo tutto, 5 mele sono 5 mele, non importa chi le stia contando; ma questa semplice proprietà matematica non vale per i punteggi sulla qualità del vino (David Morrison)

Le ambiguità che esistono nelle svariate, personali scale di valutazione, portano ad alcune difficoltà nella classificazione di un vino, problemi come l’imprecisione e la non uniformità. Questo vale anche per valutazioni non numeriche, come quelle che si insegnano ai corsi per sommelier. In pratica, ogni valutazione è giusta per se stessa, ma spesso non trova corrispondenza nel confronto con  altre, associazione di assaggiatori o rivista specializzata. 

Che le valutazioni siano usate come strumento di marketing, è ormai sotto gli occhi di ogni appassionato di vini almeno dagli anni ’80; riuscire a piazzare una propria etichetta nell’ultimo decile, tra 90 e 100, significa sicuramente avere un ottimo risultato di vendite.

È in pratica lo stesso processo che accade con le agenzie di rating: ognuna cerca di valutare con il massimo punteggio le società azionarie, le obbligazioni, le stesse nazioni. In caso contrario, vanno dai concorrenti.

Dai descrittori del vino ai numeri

Lo studio del professor Morrison è piuttosto sofisticato, con tecniche avanzate di conteggio statistico partendo dalle parole che vengono usate nella descrizione di ogni vino. 

A cosa può servire questo studio? Intanto fornisce alcune indicazioni sulla variabilità delle valutazioni, anche all’interno della stessa rivista specializzata (Wine Spectator, nell’esempio utilizzato). Poi, può essere utile, ancora, per motivi di marketing. Sapere quali parole e quali tipi di descrittori sono i più utilizzati, è utile per interessare un maggior numero di appassionati a quella particolare bottiglia.

Di certo è un modo diverso di usare l’analisi dei dati nel settore vinicolo, ossia concentrarsi non su quel che pensa il consumatore ma su come viene valutato dalle riviste, che indirizzano i gusti, e gli acquisti, dei wine lovers. 

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