Gli investimenti nelle startup di Wine Tech sembrano rallentare negli ultimi tempi. La California è la culla di aziende come Vivino, Delectable, Pix, Tasty, tutte nate nella Silicon Valley, o almeno nei dintorni di Napa. Il destino delle startup non è sempre rose e fiori, sono più i fallimenti che le exit milionarie: su 10mila che ne nascono, solo tre arrivano al giro di boa dei tre anni. Il fallimento non è, nella concezione USA, una nota negativa, anzi; significa imparare dagli errori, significa averci provato. In Europa, soprattutto in Italia, il concetto è diverso, molto più calvinista: il “te l’avevo detto” è sempre dietro l’angolo, spegnendo sul nascere ogni tentativo di fare qualcosa di nuovo.
Un settore complicato
Il settore della Wine Tech non è semplice, è una nicchia di una nicchia, e all’interno si cercano altre nicchie per coinvolgere di più i propri clienti, gli utilizzatori. Le startup possono essere B2B e B2C, così troviamo quelle che offrono servizi ad aziende vinicole o migliorano la filiera, e quelle che invece si rivolgono al consumatore finale, come i marketplace.
I wine club, che non sono certo digitali, usano però le tecnologie digitali per migliorare il rapporto con gli utenti ed ottimizzare le consegne. Il delivery dal 2020 a oggi ha avuto un enorme balzo in avanti, in due anni si sono viste crescite anche del 300%. Nessuno si aspetta che continui questo trend, anzi è probabile una forte diminuzione. L’obiettivo è riuscire a fermare la discesa a livelli maggiori del 2019.
Il problema degli investimenti nelle startup di Wine Tech lo conosce bene Paul Mabray, founder di varie compagnie tecnologiche che si occupano di vino, come WineDirect, Vintank ed Emetry. Il suo obiettivo è sempre stato quello di usare i dati, prodotti dai consumatori, per migliorare la conoscenza dei produttori su tutto il processo di acquisto. Un settore che non è, a quanto pare, molto appetibile dagli investitori.
La sua ultima startup è stata Pix, una via di mezzo fra un wine club ed un marketplace, una piattaforma che mette in contatto aziende vinicole e consumatori, nata nel 2020. Ma tra le aziende che si occupano di wine tech, ossia dell’uso della tecnologia digitale nel settore vinicolo, c’è un gran tasso di fallimenti.
Investire nella Wine Tech non è remunerativo?
Secondo Mabray, questo dipende proprio dalle caratteristiche peculiari di questo settore, che è complesso e composto di tante nicchie, dove il consumatore non ha un solo brand di riferimento, ma molteplici. Non è come il fanatico di Apple o di Samsung, o quello di Nike che guarda schifato Adidas. Ci sono tipologie di gusti diversi, ma in genere il wine lover è un consumatore complesso, si evolve. Ed anche il consumatore semplice, quindi non esperto di vino, tende a cercare vini diversi tra gli scaffali del supermercato.
Forse è per questo che anche Pix sta chiudendo, o meglio Paul Mabray sta cercando un compratore per la sua startup. Era alla ricerca di un terzo finanziamento ma non è riuscito a trovarlo, e quindi ha dovuto mandar via parte del suo staff, una ventina di persone, e lasciare solo l’ordinaria amministrazione prima della vendita definitiva. Non ha raccolto abbastanza denaro per continuare l’attività.
Credo che l’industria del vino abbia una macchia, per gli investitori e i Venture Capitalist
Paul Mabray, dall’intervista al San Francisco Chronicle
Nel board di Pix ci sono, o c’erano, persone molto conosciute nel mondo del vino, come Felicity Carter e Joe Fattorini; lui stesso gode di un grande rispetto nell’ambiente delle startup e del mondo del vino. Nonostante questo, il terzo seed non è riuscito, e Pix dovrà chiudere.
Facendo un controllo su Crunchbase e su CBInsight, l’elenco del mio post su Medium dello scorso anno, sugli investimenti della wine tech, non è cambiato quest’anno. E quando dico ‘non è cambiato’, intendo proprio questo: non ci sono nuovi investimenti per le 7 startup nell’elenco.
Pix non è l’unica startup a subire una mancanza di investimenti, anzi i VC stanno notevolmente rallentando in quasi ogni settore; naturalmente la situazione mondiale non aiuta.
Fine della moda delle startup?
Insomma, gli investimenti nelle startup di wine tech sembrano latitare; sono poche le aziende che hanno ricevuto finanziamenti importanti, ad esempio c’è Wine.com Vivino, Winc, Coravin, Drizly. Le uniche che hanno superato nel 2020 i 50 milioni di dollari di finanziamento, come scrivevo in questo post. Per tutte le altre ci sono poco più di briciole; stiamo parlando di qualche milione di dollari, una cifra normalmente esigua per il mercato USA. Solo a maggio di quest’anno, anche The Buyer parlava in modo entusiasta di Pix. Ma a quanto pare non è bastato per trovare nuovi fondi per mandare avanti la compagnia.
Anche nel settore del delivery gli investimenti sono piuttosto timidi, perché è necessario un modello di business che mostri in quanto tempo il VC rientrerà del suo investimento. Per ora i business model sono ancora gli stessi, in pratica o la vendita, diretta o indiretta che sia, ed il sistema degli abbonamenti. Forse anche questa è stata una bolla, e gli investimenti nelle startup di wine tech se ne sono accorti.
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