Un articolo dell’anno scorso mi ha dato lo spunto per mettere bene in chiaro quali siano i pericoli del gap digitale del vino e le sue conseguenze.
Premessa: a quanto pare questo problema è presente in tutte le regioni viniviticole del mondo, dalla California al Sudafrica, in Europa e in Australia. In Italia probabilmente scontiamo un generalizzato ritardo nell’adozione di pratiche digitali, ma non siamo i soli. Il mal comune non ci sia di mezzo gaudio però. Quello che raconta il post vale quindi benissimo anche per il mercato italiano, e riguarda proprio il gap digital del vino.
Il succo digitale
Per quei pochi che non conoscessero Polly Hammond, lei è la founder di 5forest, un’agenzia di servizi digitali per il settore del vino. Questo articolo di Sophie Preece su Ruralnewsgoup, magazine online neozelandese, parla proprio delle considerazioni di Polly Hammond in merito a quel che è accaduto all’inizio della pandemia nell’industria del vino.
Tutti hanno avuto il momento ‘oh merda, ho bisogno del digitale e ne ho bisogno adesso’. Non credo che abbiamo dormito una notte decente dal momento del lockdown. Non siamo mai stati così impegnati (Polly Hammond)
Le tecnologie digitali hanno aiutato molto il commercio del vino, fermo in quel momento ed ora solo in lenta ripresa; il problema era che questi strumenti spesso erano completamente nuovi per molte aziende vinicole. Non solo, fino a quel momento il budget, di tempo e di danaro, spesi per aggiornarsi sulle nuove tecnologie era stato quasi nullo.
A parte un sito web ‘messo su dal nipote’, le cantine in massima parte non avevano una presenza online degna di questo nome. Ed inoltre quello era il momento meno adatto per investire tempo e denaro per imparare ad usare il web e tutto quel che segue.
Come si legge nel post, anche in Nuova Zelanda e in altre regioni esiste lo stesso problema che è presente in Italia: il timore che l’uso dei canali digitali possa essere un problema per qualcun altro, tipicamente gli intermediari della filiera. Può essere un problema etico di non facile soluzione, certo; a mio avviso si risolve se anche i ‘men in the middle’ riuscissero ad adottare soluzioni digitali.
Organizzare la reazione digitale del vino
Certo, la pandemia ci ha presi tutti alla sprovvista, e trovare soluzioni immediate non è stato semplice. Tutti abbiamo lavorato nell’emergenza, ognuno come poteva e con il massimo dello sforzo. Ora però è il momento di tirare le conclusioni di questa esperienza: parlo del mercato del vino, non di altro di cui sono ancora meno esperto.
Occorre adesso tirare il fiato, guardare cosa è stato fatto e cosa andava fatto; capire cosa si sarebbe potuto fare con altri strumenti ed altre competenze. Come ho scritto nella mia newsletter, il problema dei produttori di vino è che tutti producono la stessa cosa, ossia vino. Alcune idee le ho scritte anche in questo post.
Differenziarsi non è semplice, nonostante tutte le belle parole sul terroir. Questo fa presa su alcune fasce di consumatori, quelli più esperti, ma non sulla massa. E quindi i produttori non solo fanno tutti vino, ma fanno anche tutti la stessa foto su Instagram o lo stesso post su Facebook.
Eppure sono proprio i territori dove ogni cantina può distinguersi: il prodotto, il territorio, la propria storia. Tre sono gli obiettivi che un’azienda vinicola dovrebbe porsi per colmare il gap digitale del vino:
- Definire il target dei consumatori, anche in base ai propri prodotti
- Trovare la propria voce di narrazione
- Individuare il canale digitale dove parlare
I consumatori non sono tutti uguali, sentono il rumore di tutte le proposte commerciali, non riescono a distinguere chi sta parlando, spesso non capiscono il linguaggio.
Anche trovare il giusto canale commerciale, che sia vendita diretta o tramite wine club, dovrebbe far parte della stessa strategia, ad esempio dedicando alcune delle proprie etichette solo ai canali online.
Colmare il gap digitale del vino è ormai non rinunciabile, si può iniziare facendo il punto della propria situazione. In caso contrario il rischio è di fare una corsa disordinata senza sapere dove andare.
Photo by Gilbert Beltran on Unsplash