Naturalmente online, si è concluso anche l’evento di Vinitaly dedicato al futuro del mercato del vino, con la presentazione del report Nomisma Wine Monitor. Sono state intervistate 165 aziende su vari argomenti (ho fatto una newsletter dedicata agli abbonati in merito) e da questi si dovrebbe capire il ‘sentiment’ delle aziende vinicole.
In generale i produttori di vino non sembrano demoralizzati anche se il classico e più redditizio canale Horeca è stato quasi azzerato dai provvedimenti per tenere sotto controllo la diffusione del virus.
Tutte le informazioni le potete trovare qui, e vedere anche il video sul canale YouTube.
La prima slide proiettata da Denis Pantini di Wine Monitor è a mio avviso quella più interessante.
Il dato più evidente è quel 47% di aziende che hanno attivato modalità di virtual tasting e quindi vendita diretta durante le degustazioni.
Soluzioni di emergenza anche per il vino
Era l’unico modo per far fronte all’emergenza nel periodo di marzo-maggio, brave le aziende e naturalmente anche le aziende di comunicazione che le hanno guidate. Anche il 26% di aziende che hanno attivato un servizio di delivery può essere una buona possibilità per il futuro.
Come tutti sanno, è stata una situazione di estrema emergenza e le uniche strategie immediatamente attuabili erano quelle. Buono anche l’utilizzo della newsletter.
Per quel che riguarda il marketing vero e proprio ed il futuro del mercato del vino, troviamo un 45% in totale di aziende che ha iniziato o inizierà a breve una serie di video o podcast (ma di questi non mi sembra di averne ascoltati) di degustazioni guidate con sommelier e influencer.
Più strano è quel 37% di aziende che non ha intenzione di fare niente di tutto questo; stiamo parlando di aziende con fatturati importanti, non di piccole cantine. Ma ovviamente questo è un periodo in cui le strategie si misureranno a lungo termine.
Di sicuro c’è stata una corsa al digitale, come avevo scritto anche in questo post. In questo caso sono tre i problemi che vedo:
1 – rincorsa alla tecnologia senza una visione
2 – non utilizzo dei dati raccolti
3 – spendere soldi non produttivi
Tecnologia senza strategia per il vino
Il primo problema riguarda la strategia a lungo termine. Non basta fare un account Instagram o aprire un canale su YouTube se poi non si ha niente da mostrare o da dire. Il pubblico dei canali social viene attratto se dall’altra parte trova qualcuno che ha un messaggio da dare, se fa divertire, se fornisce un valore aggiunto con il proprio canale. Altrimenti, continuare ad intasare la rete con fotografie tutte uguali o video statici e mal fatti, fa perdere appeal.
La tecnologia inoltre non è un fine, tranne per chi ne vende, ma non è un obiettivo. Avere un e-commerce o un sistema digitale di controllo delle vendite è del tutto inutile se non si sa cosa si vuol fare con questi sistemi tecnologici. Avere una rete di controllo della vigna o delle bottiglie che escono dalla cantina è utilissimo, sempre che si sappia cosa si vuole ottenere.
I dati di vendita sono una ricchezza
Il secondo problema è una conseguenza di quest’ultima parte, ossia il mancato utilizzo dei dati raccolti nelle vendite e dai canali social. Avere un e-commerce non produce solo vendite, ma informazioni sui consumatori. Fare stories su Instagram o video su Tik-Tok (altra moda che verrà sostituita da qualcun’altra) non serve solo a portare il proprio brand, ma a sapere cosa pensano di noi i nostri followers. Il futuro del mercato del vino passa per la conoscenza dei propri clienti.
Utilizzo intelligente della tecnologia
Il terzo punto riguarda la spesa non produttiva, ed è una diretta conseguenza del primo. Spendere soldi e tempo per implementare nuove tecnologie che poi non portano i risultati sperati vuol dire smettere di fidarsi di queste tecnologie. E quando arriverà un altro tecnologo a proporre qualcosa di altro, verrà cacciato in malo modo. Quindi non si tratta solo di soldi spesi male, ma di perdita di fiducia nell’innovazione digitale. Questa è colpa, però, delle aziende tecnologiche e di marketing, che spesso propongono qualunque cosa senza fornire una strategia di utilizzo.
I wine club, futuro del mercato del vino
C’è infine il punto sui wine club, che vedono un 44% di aziende che ne hanno attivato uno, passando quindi dall’11% al 55%, ed un altro 36% lo attiverà a breve. Sui wine club tornerò con un post successivo, perché il tema può essere complesso. C’è una differenza fra i wine club orizzontali, tipici degli Stati Uniti, dove vengono venduti vini di più aziende vinicole, e wine club verticali, quelli che stanno nascendo in Italia e in genere in Europa, specifici quindi di una sola cantina produttrice di vino. I due tipi di wine club comportano due tipi di strategie diverse, in particolare per quel che riguarda il marketing.