Nel panorama del vino italiano diventa difficile usare le opportunità che le innovazioni digitali mettono a disposizione, se pensiamo che la dimensione media di una azienda vinicola italiana è poco più di 1,6 ettari e che più o meno 240.000 aziende sulle 310.000 totali sono nella fascia 1-20 ettari.
Piccole vigne, futuro incerto
Numeri bassi, che indicano come il vino italiano sia prodotto da piccole aziende soprattutto familiari, che ha quindi difficoltà a confrontarsi con il mercato globale e soprattutto ad accedere alle piattaforme del commercio digitale.
Paesi come Australia ed USA hanno superfici medie da 10 a 50 volte maggiori, ma anche in Francia il vigneto medio è di dimensione più ampia che in Italia.
Il mancato utilizzo degli strumenti digitali non è per ora un problema, visto il buon lavoro che fanno le aziende di distribuzione nel proporre il nostro vino nei mercati mondiali, nord Europa in particolare.
Occorre però considerare come stiano cambiando le abitudini dei consumatori, con un aumento sia degli acquisti diretti che online.
Il mondo cambia, anche quello del vino
Anche le strategie di marketing risentono di questa frammentazione, che però è anche la forza del vino italiano, con le cantine che riescono a sfruttare, qualitativamente, le peculiarità del territorio.
Quindi, da un lato abbiamo uno scarso accesso alle risorse digitali, quelle che riescono a far conoscere un prodotto anche dall’altra parte del mondo, e dall’altro abbiamo la parcellizzazione elevata della vigna italiana.
Situazione non semplice per portare le piccole aziende vinicole sulla strada digitale dei nuovi mercati.
Non tutte le tecnologie sono utilizzabili da tutti
Per qualcuno potrebbe essere utile puntare sulla vendita diretta, qualcun altro invece avrebbe un vantaggio nell’uso intelligente di alcuni social network e non di altri, oppure potrebbe avere convenienza ad inserirsi in una piattaforma per la vendita online.
Però il mercato del vino, così come è, prima o poi terminerà, e tutti si lamenteranno che la colpa è di Internet, della globalizzazione, dei consumatori che non ne sanno niente di vino.
Beh, è vero. La colpa è di Internet, della globalizzazione e dei consumatori.
Però è anche colpa di produttori, distributori, critici del vino, che non hanno saputo vedere in tempo i cambiamenti, e soprattutto coglierne le opportunità.
Tutto si trasforma, anche il mercato del vino
Spiace dirlo, ma paesi con una tradizione vinicola che data a pochi giorni fa rispetto all’Italia, stanno facendo passi in avanti piuttosto decisi.
Non mi riferisco agli USA, e nemmeno al Sudafrica.
Canada, Australia, Nuova Zelanda, stanno indicando il futuro del commercio e del marketing del vino. Dai database globali con oltre 15.000 cantine del canadese Global Wine DataBase alla neozelandese Wine-Searcher, a Vivino, fondata da due danesi.
C’è una grande differenza, naturalmente, ed è quella che dicevo all’inizio, ossia la piccola dimensione delle aziende vinicole italiane.
Ma è necessario che questa particolarità diventi il punto di forza del mercato del vino italiano.
La ricerca della strategia
Quale può essere la strada giusta?
La prima che mi viene in mente è condividere ed unire. Condividere i dati, tecnici e di mercato, ed unire le forze per entrare nelle piattaforme online, condividere l’appartenenza del territorio ed unire la storia.
Trovare strategie comuni basate sul territorio, dare fiato alle asmatiche strade del vino o abbandonarle completamente.
Agire insieme con i comuni di appartenenza e condividere le esperienze dei clienti, dei consumatori e dei viaggiatori del vino.
Probabilmente se ne possono trovare altre, e ben vengano tutti i suggerimenti, ma occorre rendersi conto che il mercato, i mezzi di comunicazione ed i canali di vendita sono profondamente cambiati.
Proporre e vendere il vino nello stesso modo di 50 anni fa, è una strategia non vincente.