Ogni tanto viene fuori qualche post in loop sullo stesso tema: i blog che muoiono, facebook che è morto, YouTube che agonizza. Ora gira voce che i Millennials stiano uccidendo il mercato del vino.
Il linguaggio del wine marketing
Lo spunto per questo post mi arriva dalla newsletter domenicale The Must Read di 5forest.com, dove con il solito stile Polly se la prende con i catastrofisti del mercato del vino.
Il succo del post è semplice: i Millennials non hanno nessun obbligo di acquistare alcunché, e quindi smettiamola di trattarli come se fossero il nostro portafoglio.
In realtà questo dovrebbe essere valido per ogni persona, a qualunque generazione appartenga; se sono un Baby Boomer (tra il ’45 ed il ’65) non devo essere più spremuto di un X-generation (tra il ’65 ed il 1980).
Il problema, se pure un problema esiste, è il metodo che un produttore o un rivenditore utilizza per comunicare con i propri clienti; e se vuole raggiungere i Millennials, deve utilizzare non solo il giusto linguaggio ma, soprattutto, deve conoscere il proprio cliente Millennial. Qualche idea di comunicazione digitale del vino la trovate anche qui.
Tra le domande che The Must Read pone, riveste importanza questa: quanto tempo hai impiegato per parlare con il TUO Millennial?
Come stai parlando del tuo vino?
E subito dopo, la domanda conseguente: come stai parlando del tuo vino o del tuo locale?
Le nuove generazioni, chi ha oggi tra i 20 ed i 30 anni diciamo, sono tra le più istruite e le più informate di sempre: a cadere nelle cosiddette fake-news non sono certo loro, ma i loro genitori. Si scambiano informazioni, leggono e scrivono feedback, hanno i propri influencer di riferimento, diversi da quelli costruiti dai grandi brand. Ed il modo di avvicinarsi ad un prodotto è del tutto diverso da quello a cui siamo abituati da decenni, come spiego in questo post sulla comunicazione online.
Vengono a conoscenza delle offerte, degli sconti, acquistano online senza fare debiti, conoscono in anticipo cosa troveranno in un wine bar o in una enoteca. Non leggono post o inserzioni pubblicitarie, ma usano social visuali come Snapchat, Instagram, YouTube. Facebook è davvero poco utilizzato dalle nuove generazioni, troppo orientato alla pubblicità in modo ostentato.
E queste critiche arrivano dalla Nuova Zelanda e dagli Stati Uniti, due posti dove le nuove generazioni sono molto più attive che non da noi nella vecchia Europa. Quando vado ad un evento sul vino, ad una degustazione col produttore, tra le prime cose che faccio è guardare le loro presenza online. Annoiano me, che ormai ho qualche decennio sulle spalle, figuriamoci un ragazzo di 25 anni.
Quindi no, i Millennials non stanno smettendo di bere vino, forse è il mercato del vino che non ha ancora imparato a comunicare con loro.
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