Il turismo del vino è certo un buon biglietto da visita per l’Italia, e da quanto sembra nel 2017 ha fatto ottimi numeri, sia di visitatori che di fatturato.
Il XIII rapporto sull’enoturismo è stato curato dall’Università di Salerno, come sempre commissionato da Città del Vino, e conferma un fatturato superiore ai 2,5 Mld € dello scorso anno, con oltre 14 milioni di visitatori.
Numeri ottimi attribuiti al turismo del vino in Italia, quasi 3 Mld € di fatturato ed oltre 14 milioni di turisti, ma nonostante l’impegno di Città del vino i risultati mi lasciano stupito e, da appassionato wine lover, un poco amareggiato.
Enoturismo a parole
Il questionario era diviso in due parti, una dedicata ai 420 comuni e l’altra dedicata alle 133 strade del vino che fanno parte del database di Città del Vino. Solo 116 comuni e 25 strade hanno risposto, e nel questionario abbondano i non so/non risponde.
Manca, ma non era scopo del rapporto di Città del Vino, un qualunque profilo ufficiale del turista del vino; se non acquisti almeno una bottiglia in cantina, non sei un enoturista, ma semplicemente un turista. Inutile che continuiamo a dire che cibo e vino in Italia sono fenomenali se poi non sappiamo misurarne il ritorno economico e di immagine.
Invece si dovrebbe sapere se il turista e wine lover si ferma poi anche a visitare un museo o un monumento, se viaggia in auto propria o con altri tipi di trasporti, se utilizza alberghi tradizionali, agriturismi o usa AirBnB.
Tre idee per raccogliere i dati
Se i dati non arrivano dagli interessati, bisogna andarseli a prendere da qualche altra parte, ossia direttamente dal turista:
- contando sui social gli hashtag legati al vino
- misurando le interazioni su Facebook degli eventi enoturistici
- verificando su Google Trends il numero di ricerche per alcune parole chiave (ad esempio ‘comprare Marzemino in cantina ‘ o ‘visitare una cantina in Toscana’)
Naturalmente ce ne possono essere altri, come cercare i video in rete in un determinato periodo (ad esempio durante Cantine Aperte), le recensioni sui ristoranti della propria strada o comune.
Questo è un lavoro che ogni strada del vino potrebbe fare per conto proprio, o meglio demandandolo ad una buona agenzia di marketing.
Anche l’enoturista è una buyer personas
I risultati del questionario sono un segno che l’enoturismo sembra solo un bel fiocco da mettere sull’insegna, e che nessuno sforzo viene fatto per misurare il settore del turismo del vino. Piuttosto deludente.
Al di là dei risultati delle risposte, sono interessanti le conclusioni del rapporto, dove viene scritto esplicitamente che è stato molto difficile riuscire a trovare un contatto di qualunque tipo con le strade del vino interessate all’indagine.
Su queste basi risulta complicato fare qualunque lavoro di previsione, di correzione e di soddisfazione del turista: senza dati certi di misurazione, parlare di enoturismo è come parlare di cerchi quadrati.
Manca completamente un qualunque profilo del consumatore turista appassionato del vino, di chi insomma va in giro per l’Italia a cercare cantine, acquistando vino e soggiornando almeno un paio di notti nei dintorni.
E’ difficile preparare una strategia di accoglienza turistica basata sui desideri e le necessità dell’enoturista senza conoscerle.
Lo studio e l’analisi dei dati oggi è la base di qualunque strategia di mercato, e se non vogliamo essere in breve tempo superati da paesi come Australia o Sudafrica, per non parlare della California, dovremo al più presto trovare una soluzione.