High-Tech sulle bottiglie contro i falsi

L’industria del vino si sta dando molto da fare per evitare il più possibile le frodi e le manomissioni delle bottiglie di vino. Oltre alle indagini basate sulla conoscenza della storia delle cantine, dei caratteri tipografici o degli inchiostri usati, oggi è possibile usare la tecnologia digitale per evitare queste frodi.

Sensori e lucchetti sulla bottiglia

La vicenda di Kurniawan, il noto truffatore che dal 2004 al 2010 mise in piedi un giro milionario di bottiglie contraffatte, ancora brucia nel mondo dei collezionisti, e probabilmente in giro esistono ancora centinaia di bottiglie falsificate, Laurent Ponsot, enologo del Domaine Ponsot, fu tra i primi ad accorgersi delle manomissioni perché molte di quelle bottiglie sembravano provenire proprio dalla sua azienda. Fu lui ad aiutare l’FBI nelle indagini che portarono poi all’arresto di Kurniawan.

Per questo motivo nel 2017 ha fondato una azienda che porta il suo nome, ed ha collaborato con due start-up tecnologiche, eProvenance e Selinko, per implementare dei sistemi di controllo sulle bottiglie. La tecnologia si basa su vari livelli di controllo.

Per prima cosa c’è la bottiglia, che viene realizzata con uno stampo dal disegno proprietario; ogni cantina può inserire, rispettando la forma e le dimensioni della bottiglia, degli elementi che ne caratterizzino l’unicità. Al Domaine Ponsot utilizzano i nuovi stampi già dall’imbottigliamento del 2018.

Poi c’è l’etichetta, che contiene un sensore di temperatura che diventa scuro se la bottiglia è stata esposta ad una temperatura troppo alta. Anche il tappo è tecnologico, realizzato con un polimero speciale che ne impedisce la foratura ed evita il ‘refilling’; inoltre è presente su di esso anche un microchip che registra eventuali tentativi di manomissione. 

Gran Cru con firma digitale

Per finire, all’interno della scatola che contiene i Gran Cru sono posti sei sensori per monitorare le condizioni ambientali di trasporto, come umidità e temperatura. Possono essere letti da uno smartphone tramite il software della eProvenance. 

Il microchip sul tappo contiene la storia della bottiglia, si può leggere tramite un’app messa a disposizione da Selinko e fornisce in pratica la firma digitale dell’autenticità del vino contenuto.

Il sistema è ora disponibile per i produttori di vino di tutto il mondo attraverso eProvenance e Selinko, nonché attraverso la società ArdeaSeal (a cui Ponsot ha venduto i brevetti delle chiusure).

Naturalmente, come dice Ponsot, “Nulla è impossibile, soprattutto con la tecnologia di oggi”, e quindi nessun sistema può essere completamente infallibile. Però adesso i falsari dovranno fare meglio che riempire una bottiglia e metterci su un’etichetta falsa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *