Il mondo del vino pare piuttosto refrattario all’utilizzo di nuove tecnologie e l’analisi dei dati.
Molto vino e pochi bit
Nel sito italiano degli Open Data, per quel che riguarda il vino compare:
- una tabella, relativa ai prezzi del vino bianco, rosso e da tavola, a cura della Camera di Commercio di Rieti,
- i dati delle provincie di Bari, Pescara, Perugia e Roma per i vini bianchi ed i vini rossi
- i prezzi del vino da tavola per le provincie di L’Aquila, Roma e Terni
e poco altro. Per la nazione che produce più vino al mondo sembra un po’ pochino.
La regione Trentino mette a disposizione, per quel che riguarda l’uva, due tabelle sulla produzione di uva da vino del 1990 e del 1995 e dal 2000 al 2011, raffrontandoli ai dati di produzione della regione Alto Adige e nazionali.
Non pare che in Francia, ad esempio, le cose vadano meglio, così come in Spagna. Stiamo parlando di tre paesi che producono la metà del vino mondiale. Se ci muoviamo all’interno del sito dell’ISTAT troviamo dati migliori, come la serie storica della produzione di uva da vino dal 1927 ad oggi su scala nazionale, o l’andamento dei prezzi.
Gli Open Data sono dati pubblici che chiunque può scaricare ed elaborare secondo le proprie esigenze. Sono Open, ossia liberi e gratuiti.
Se ci fossero dati migliori però, si potrebbe sapere:
- tipo di vino diviso per territorio
- quantità per provincia
- spesa mensile in vino
Questi sono solo esempi, naturalmente, ma se ci fosse un maggior numero di dati ufficiali, ossia presi da fonti pubbliche come ISTAT e Regioni, si potrebbe fare un buon lavoro di aggregazione e visualizzazione.
A cosa potrebbero servire questi dati? Un produttore vende 12 casse di vino all’esportatore cinese. Probabilmente la maggior parte di questo vino verrà bevuta in Cina, ma senza alcuna indicazione delle città. Potrebbe essere importante sapere se e quante ne vengono bevute a Pechino, a Shangai o nel Sichuan.
Un confronto con i propri competitor potrebbe dare delle indicazioni sul mettere più energia in una particolare regione cinese o, al contrario, evitare di concentrare lì le nostre energie perché il mercato è già saturo.
Due metodi di tracciatura
Oggi c’è molta attenzione alla tracciatura del prodotto, così il consumatore riesce a sapere quando e dove quel vino, ma vale anche per la carne ad esempio, sia stato prodotto ed imbottigliato. Sempre più produttori utilizzano un QR-code per portare queste informazioni ai clienti.
Ci sono due modi per tracciare il percorso di una bottiglia:
- metodo diretto, tramite tag digitale
- metodo indiretto, tramite social
Nel modo diretto ogni bottiglia ha, sull’etichetta ad esempio, un tag RFID o NFC: una specie di codice a barre elettronico, cioè, che contiene i dati della bottiglia (anno di produzione, sito del produttore, vitigni, informazioni sul metodo di vinificazione) e che invia ad un apposito lettore i dati della sua presenza in quel luogo.
Basterebbe costruire una mappa con questi dati e potremmo sapere, di ogni bottiglia, dove è stata venduta.
Il metodo indiretto è quello lasciato agli utenti, che quindi ci potrà fornire solo una stima ma significativa; quello che normalmente si chiama User Generated Content (UGC), ossia contenuto generato dall’utente. Per coinvolgere gli utenti a lasciare le proprie informazioni di degustazione in rete, si possono usare anche tecniche di gamification, banalmente creare un gioco o un contest.
La raccolta dei dati quindi diventa una delle strategie che le aziende vinicole devono imparare a raccogliere, come già avviene negli altri settori di mercato. Purtroppo i consorzi e le associazioni dei produttori sono poco attenti a questi aspetti, in Italia ma in generale in tutta Europa. Ben diversa è l’attenzione che l’industria del vino di California ed Australia stanno ponendo all’argomento, sviluppando società di data analysis dedicate al food&wine in generale, stringendo accordi con aziende software, coinvolgendo altre realtà locali. Guardare un po’ più lontano potrà fare solo del bene.