Il linguaggio digitale del vino non deve rimanere una cosa da iniziati, e l’unico modo in cui si può imparare qualcosa di nuovo è iniziare ad utilizzarlo; vale per una nuova lingua, per un dispositivo, per un trattore, per uno smartphone, per una piattaforma tecnologica.
Continuare a sentirsi parlare di profumi e di sapori, per l’acquirente medio non ha molto senso, e forse nemmeno per il conoscitore. Ma il problema non è solo questo. Il vino è una bevanda che come poche sa fornire sensazioni ed emozioni diverse ad ogni persona, e praticamente c’è un vino per qualunque occasione.
Quindi per comunicare il vino occorre conciliare due esigenze: lo stile del produttore, la sua ‘voce’, la sua personalità (e dell’azienda, naturalmente), e le abitudini del consumatore, le scelte, gli interessi.
Due sono le tecniche che consentono di avvicinare il marchio di una azienda vinicola ai consumatori.
Dimensioni diverse, comunicazione digitale diversa
La prima tecnica è completamente digitale, e necessita di avere a disposizione i dati di acquisto e consumo di ogni bottiglia venduta. In pratica si realizza setacciando la rete alla ricerca di ogni tweet, post, foto, chat o video che riguardi una particolare etichetta. Con i wine lovers che fotografano e filmano e chattano ad ogni bicchiere alzato, esistono montagne di questi dati disponibili. Queste informazioni vanno poi analizzate usando tecnologie che oggi stanno diventando sempre più utilizzate, le piattaforme di data analytics. Saranno poi gli esperti di marketing e di comunicazione a capire cosa fare, e decidere le strategie. È una buona tecnica, questa, adatta in particolare per i brand più grandi, con molte bottiglie vendute e con un’ampia capacità di investimento.
La seconda tecnica invece è molto più analogica, ed utilizza gli strumenti digitali solo come veicolo, e non come fine. Sto parlando dello storytelling e della vicinanza al proprio territorio. Collegare il proprio marchio vinicolo ad uno dei piccoli musei della zona, o agli scavi archeologici di un’area etrusca del centro Italia, ad un cammino famoso che passa accanto alla cantina o ad una vecchia ferrovia abbandonata, può dare quel contatto con l’ambiente circostante che il vino, per sua natura, possiede.
Il linguaggio digitale del vino è nella bottiglia
A questo punto, gli strumenti digitali riacquistano il loro scopo, quello di essere soltanto strumenti, e non si corre più il rischio di spostare l’attenzione dal prodotto al messaggero. In caso contrario, invece di raccontare una storia ci troveremo davanti a foto tutte uguali della stessa bottiglia, o elenchi dei riconoscimenti olfattivi. Alcune considerazioni potete leggerle anche su questo post. Potranno diventare ‘trend topic’ per qualche tempo, poi la modifica dell’algoritmo li porterà, inevitabilmente, nel limbo digitale. Il linguaggio digitale del vino nasce innanzitutto dalle proprie storie, e non dal social di moda al momento.
Ma il contenuto rimarrà sempre valido, se è di qualità, e si tratterà solo di cambiare il mezzo di trasmissione.
Qualunque sia la vostra scelta, in funzione della grandezza della vostra cantina, della vostra capacità di investimento e del tempo che potrete dedicarvi, è importante capire che lasciare il proprio messaggio in balia di flutti tanto imprevedibili ed incontrollabili come gli algoritmi delle piattaforme social, da quelle più consolidate a quelle più nuove, potrebbe non essere una idea vincente.
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