Utilizzare un drone in agricoltura non è più una operazione di fantascienza, ma piuttosto un modo di sperimentare se, e come, le nuove tecnologie possano aiutare nel lavoro.
La viticoltura, nonostante un’immagine rivolta ad una tradizione a volte troppo sottolineata (e spesso non sfruttata), non fa eccezione e, senza molta enfasi, inizia ad utilizzare nuovi sistemi tecnologici per migliorare il lavoro tra le vigne e, in ultima analisi, il prodotto finale.
Viticoltura di precisione
Tra le aziende vinicole attente sia alla sostenibilità dei metodi di produzione che all’utilizzo delle tecnologie c’è Guado al Melo, azienda vinicola di Bolgheri di cui sono proprietari Attilio Scienza (chi non lo conosce?) ed il figlio Michele.
Nel 2014 hanno sperimentato l’uso di un drone per la raccolta dei dati relativi alla salute delle viti e del terreno, per effettuare poi interventi mirati vite per vite, filare per filare.[wc_box color=”secondary” text_align=”center”]
DJI Drone Phantom 3 Standard con Videocamera 12 MP/2,7K
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La viticoltura sostenibile è stato fin dall’inizio uno dei punti cardine dell’azienda, e la viticoltura di precisione in particolare è un processo di lavoro che aiuta nella produzione di vini in cui l’intervento umano è sempre meno invasivo e migliorato con l’aiuto di tecnologie adatte.
Annalisa Motta è stata ricercatrice di genetica molecolare, oggi lavora nell’azienda ed è la moglie di Michele; è stata così gentile da rispondere ad alcune domande in merito alla loro breve esperienza con il drone.
Esperimento con il drone
Quello di Guado al Melo è stato, come ha specificato Annalisa, solo un esperimento che per ora non si ripeterà, perché la tecnica della rilevazione aerea non è ancora precisa ed il sistema non presenta molti vantaggi rispetto al quod che oggi utilizzano per verificare lo stato delle viti. Qui quello che mi ha detto:
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La rilevazione aerea non è al momento abbastanza precisa ed è ancora in fase di sperimentazione anche se sembra promettere diversi benefici: maggior velocità di rilevamento dei dati e possibilità di non dover entrare nella vigna con dei mezzi a ruota. Nella viticoltura sostenibile, infatti, si tendono a diminuire il più possibile gli ingressi in vigna, che possono portare a diversi problemi che causano il peggioramento della qualità del suolo, aumentandone ad esempio il compattamento, oltre che nell’ottica di ridurre il consumo del carburante e il relativo inquinamento.
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I test sono stati fatti con la collaborazione della cooperativa Ager, con cui Guado al Melo coopera da alcuni anni per la creazione di protocolli di sostenibilità integrata, insieme a università, centri di ricerca e altre aziende vitivinicole. Una delle prime certificazioni italiane di Vino Sostenibile è nata nel 2012 grazie a questi studi.
La scelta della viticoltura di precisione ha il merito di aiutare a contenere i costi, perché agendo in modo puntuale si evitano sprechi o lavori inutili, concentrandoli dove servono effettivamente. Per ora l’uso di droni non ha mostrato significativi miglioramenti.
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Dal 2012 ad oggi posso quantificare un risparmio di costi su prodotti e lavorazioni del 15-20%, ed il 40% sulle concimazioni, con un trend in crescita.
E non dobbiamo dimenticare soprattutto tutti i risvolti positivi non in denaro, quali l’ulteriore abbassamento della pressione sull’ambiente e sull’incremento della biodiversità nel nostro vigneto, +40% in 4 anni (e non eravamo già messi male…).
I risparmi e il miglioramento generale del lavoro ripagano assolutamente dei costi. Inoltre consideriamo che non sempre l’azienda, soprattutto se medio-piccola, deve acquistare costosi macchinari: grazie a gruppi di ricerca, consorzi o altro, non sempre servono investimenti importanti.
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Il controllo lo facciamo sistematicamente in vigna andando a misurare la biodiversità, l’assenza di inquinanti nel terreno e nell’acqua. Al momento, dopo la breve sperimentazione del 2014, non utilizziamo questo tipo di mezzi.
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E’ chiaro poi che in una attività così fortemente legata alla tradizione, spesso l’uso della tecnologia possa essere male interpretato, e “la riflessione dell’incontro-scontro fra tecnologia e natura nel vino, oggi è molto attuale, nonostante alcune semplificazioni eccessive“.
La tecnologia, scrive Annalisa, è un mezzo, e la differenza la fa il fine per cui è utilizzata.
Tecnica, Tecnologia e Viticoltura
E’ importante che non debba dominare, diventando l’elemento determinante del prodotto finale, ed il vino deve restare espressione del territorio, delle persone e della cultura da cui proviene, altrimenti è una bevanda industriale come tante altre che può essere prodotta in qualsiasi parte del mondo.
Da qui nasce il lavoro artigianale di aziende di vignaioli come la nostra, basato sulla scelta di metodi di lavoro che permettono di intervenire senza stravolgere, di guidare un processo senza imporsi. Capisco che sia un confine a volte molto sottile e sta appunto alla sensibilità del vignaiolo trovare il punto esatto da non superare perché il suo terroir non ne sia stravolto e determini la personalità del vino. Questo non significa rifiutare la tecnologia in toto (il che è assurda come affermazione, visto che ogni intervento umano è “tecnica”) ma valutare le singole applicazioni per quanto possono essere utili, quanto influiscono sulla qualità del prodotto e che ripercussioni hanno sull’ambiente.
Ho chiesto poi ad Annalisa quale fosse il loro atteggiamento rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie, dalla tracciatura delle bottiglie ai dati geografici, all’uso di sensori direttamente in vigna per monitorare temperatura, presenza di muffe, ed altri parametri:
Alcune tecnologie utili per cantine che hanno grandi superfici di vigneti con grandi numeri di bottiglie, sarebbero ridondanti in realtà più piccole (come per esempio le complesse linee di confezionamento robotizzate). Ci sono tecnologie adatte ad una produzione di vino industriale e non per quello artigianale.
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Il vignaiolo affronta tutti i giorni problemi molto pratici. La ricerca di soluzioni migliori è un’esigenza di chiunque non fa il proprio lavoro in modo meccanico ma ci mette la testa e il cuore. Tuttavia è un mondo molto ampio, che va dai piccolissimi produttori alle aziende di stampo industriale. ci sono filoni di ricerca che riguardano metodi di produzione industriali che ovviamente un produttore artigiano non può e non vuole abbracciare.
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La mia ultima domanda è stata: Cosa dovrebbe cambiare, o a cosa dovrebbe stare attento, il mondo vinicolo italiano per avvicinarsi alle tecnologie che vengono utilizzate in altri settori commerciali?
Alcune tecnologie sono adatte a dei settori e non è detto che siano importabili in altri. Alcune cose secondo me ad esempio non sono utilizzate per scelta, proprio per la peculiarità di un prodotto artigianale di alto livello e prodotto in piccole quantità. Faccio un esempio: nell’accoglienza enoturistica i metodi presi dal turismo (quali sistemi automatici di prenotazione con griglie di orari preconfezionati su Internet, con pagamenti on-line) sono adatti a grandi cantine. Risolvono sicuramente molte cose a livello organizzativo. A Guado al Melo, una piccola azienda famigliare, tutto questo non avrebbe senso e ci snaturerebbe: meglio sentirsi direttamente con le persone con la classica telefonata o la posta elettronica, così si possono scambiare le informazioni, sentire le esigenze e, fin quanto possibile, venire loro incontro.
E’ un rapporto personale che non può essere demandato alla tecnologia.
L’intervista epistolare termina qui.
L’atteggiamento di Annalisa è molto netto nei confronti della tecnologia: nessuna chiusura mentale, ma si utilizza solo se serve e se non si sovrappone al prodotto.
Le nuuove tecnologie, dai droni ai sensori in vigna, possono essere utili e sicuramente ottimali quando migliorano il lavoro, ad esempio “se aiutano ad abbassare i costi e gli input sull’ambiente, a ridurre la fatica umana per quelle funzioni dove non serve la perizia o la scelta che solo una persona preparata può metterci, se permette di rilevare in modo migliore dei dati che ci servono a prendere determinate decisioni“
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A mio parere c’è un grande territorio da esplorare, ed occorre avere coraggio e apertura mentale per sperimentare nuove soluzioni, prendendo le esperienze buone senza rinunciare a quelle consolidate
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L’esperienza con il drone, ad esempio, è stata a quanto pare interessante ma non decisiva, e quindi sono tornati all’uso del quod, buon compromesso tra la necessità di muoversi velocemente tra i filari e la non invasività degli accessi in vigna.
Siamo però alle prime prove, e bisognerà migliorare la sensibilità e la precisione dei sensori che rilevano la salute di piante e terreno.
Grazie ancora ad Annalisa Motta per la disponibilità, e buon lavoro a tutto Guado al Melo.